TED: Tabby ci parla della sua bizzarra stella #KIC8462852 Tabetha Boyajian at TED2016

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Tabetha Boyajian – Photo: Bret Hartman/TED

L’esplorazione dello spazio genera tonnellate di dati, tanti dati che la maggior parte vengono studiati utilizzando algoritmi, non occhi umani. Ma gli algoritmi non sono molto bravi nell’essere creativi. Cosa succede quando apriamo quei dati e lasciamo che siano gli esseri umani a guardare? Succede che volte anche dei dilettanti trovino cose sorprendenti, notevoli e strane. L’astronomo Tabetha Boyajian è intervenuta al TED 2016 con il racconto di uno di quei casi strani.

La storia inizia nel 2009 con il lancio della missione Kepler della NASA. L’obiettivo scientifico di Kepler era quello di trovare pianeti al di fuori del nostro sistema solare mediante l’osservazione e l’acquisizione di dati su uno specifico campo del cielo abitato da 150.000 stelle. Kepler era alla ricerca di transiti che si verificano quando l’orbita di un pianeta è in linea con la nostra visuale e che può essere rilevato mentre passa davanti ad una stella, provocando un oscuramento momentaneo nella luce della stessa stella. Il team NASA ha sviluppato sofisticati algoritmi per cercare dati relativi ai transiti. “Al momento del rilascio dei dati,” Tabetha ci racconta, “gli astronomi di Yale si chiedevano: e se i computer si fossero persi qualcosa?” Questo quesito ha portato al lancio di un progetto scientifico popolare chiamato “Planet Hunters” ovvero “Cacciatori di Pianeti”. Obiettivo: coinvolgere persone reali nell’osservazione degli stessi dati utilizzando la capacità sorprendente del cervello umano nel riconoscere e trovare i transiti. Alcuni esperti dubitavano sul fatto che gli esseri umani fossero in grado di raccogliere segnali nei dati non evidenziati dai computer, ma oggi, grazie a più di 300.000 appassionati di scienza, i cacciatori di pianeti hanno trovato decine di nuovi pianeti, tra cui uno dei più grandi misteri della galassia: una stella nota come KIC 8462852 che si trova nella costellazione del Cigno, a circa 1.500 anni luce dalla Terra.

I dati raccolti e riferiti ad un normale pianeta durante il transito, mostrano sempre un calo lineare nella luminosità della stella, di solito della durata di un paio d’ore. Anche i pianeti più grandi come Giove, causano non più di un 1 per cento di calo nella luminosità della sua stella. Ma quattro anni fa gli scienziati amatoriali meglio conosciuti come i “cacciatori di pianeti” hanno avvistato un misterioso segnale proveniente da KIC 8462852. I dati mostravano un transito della stella che è durato quasi una settimana. E il transito era asimmetrico, cioè, invece di avere un transito pulito, a forma di U, mostrava un modello di transito stranamente inclinato. “Questo sembrava indicare che tutto ciò che stava bloccando la luce delle stelle non era circolare come un pianeta”, dice Tabetha Boyajian.

Gli astronomi hanno tenuto d’occhio l’obiettivo e nel marzo 2011 qualcosa di strano è successo di nuovo. La luce di KIC 8462852 è scesa del 15 per cento, una percentuale enorme rispetto al calo causato da anche i più grandi pianeti. La caratteristica che causava l’oscuramento sembrava essere pulita e nitida. Sono passati poi due anni senza molte novità fino a febbraio 2013, quando le cose sono iniziate a diventare davvero pazzesche. Per circa 100 giorni, la luce proveniente da KIC 8462852 ha mostrato un enorme e complesso numero di avvallamenti. Questi cali si sono rivelati di forme variabili: alcuni sono apparsi netti, di taglio, e altri molto ampi. Alcuni sono durati qualche giorno, altri sono durati per più di una settimana. E a un certo punto, la luminosità della stella è scesa di oltre il 22 per cento. “Questo significa che tutto ciò che sta bloccando la sua luce ha una superficie più di 1000 volte l’area del nostro pianeta Terra”, dice Tabetha. “E questo è davvero notevole.”

Gli scienziati hanno avuto una reazione iniziale piuttosto normale pensando che qualcosa dovesse essere andata storta con i dati, ma con un’ulteriore ispezione hanno scoperto che i dati erano corretti. Qualcosa nello spazio stava bloccando la luce della stella. “A questo punto, abbiamo deciso di capire quanto più possibile sulla stella per vedere di trovare indizi su quello che stava succedendo”, dice Boyajian. Il brainstorming era cominciato.

Una teoria ha ritenuto plausibile pensare che la stella fosse molto giovane e ancora circondata da gas e polveri tipici nella fase di formazione. Qualcun altro ha suggerito che la stella poteva invece avere già formato dei pianeti e che questi potevano essersi scontrati e così aver prodotto detriti. Entrambe le teorie certo potevano spiegare almeno in parte qualcuno dei dati, ma la stella non mostra segni di giovinezza e il bagliore caratteristico dell’evento di formazione planetaria o di un singolo pianeta era assente.

Un’altra teoria poi ha posto la questione: cosa succederebbe se un enorme sciame di comete giganti fosse passato davanti alla stella in un’orbita ellittica? “Questa idea è stata in realtà in linea con le nostre osservazioni,” ammette Tabetha Boyajian, “ma la cosa ci è sembrata una forzatura.” Ci vorrebbero centinaia di comete per produrre i dati osservati, e questo vale solo per le comete alle quali dovesse capitare di passare in mezzo, tra noi e la stella. In realtà, questa spiegazione richiederebbe migliaia, anche decine di migliaia di comete. “Di tutte le cattive idee che abbiamo avuto, questa era la migliore”, dice Boyajian. “Così siamo andati avanti e pubblicato i nostri risultati.”
“E ‘stata una delle pubblicazioni più difficili che mai abbia dovuto scrivere” ci confessa Tabetha. “Come scienziata sono stata preparata a pubblicare risultati e questo era lontano dall’esserlo. Così ho deciso di dare al documento un titolo accattivante: “Where’s the flux?” ossia,”Dov’è il flusso”.”

Nel periodo in cui scriveva il documento, un collega di Tabetha Boyajian, Jason Wright, anch’esso impegnato sui dati di Kepler, faceva notare alla Boyajian che quella estrema precisione di Kepler avrebbe potuto rivelare la presenza di megastrutture aliene – ma non l’aveva.

Questo ha portato Boyajian a pensare fuori dagli schemi. “Abbiamo dovuto trovare un modo per escludere gli alieni”, dice.

In collaborazione con un collega dell’Istituto SETI (SETI acronimo di Search for Extraterrestrial Intelligence), Boyajian ha scritto una proposta che prevedeva l’osservazione della stella con uno dei più grandi radiotelescopi del mondo, il telescopio di Green Bank in Virginia. Un mese dopo, la notizia di questa proposta è trapelata alla stampa. E finora ha ispirato più di 10.000 articoli sull’argomento. Così come potrebbe la presenza di alieni aiutare a spiegare la curva di luce? “Immaginate una civiltà che è molto più avanzata della nostra,” dice Boyajian. “In questa ipotetica circostanza, questa civiltà avrebbe potuto esaurire la fornitura di energia del loro pianeta natale.” Per soddisfare le loro esigenze in fatto di energia, avrebbero dovuto catturare più energia dalla loro stella ospite. Un modo per farlo sarebbe quello di costruire strutture giganti in orbita alla loro stella in grado di catturare l’energia come fanno i pannelli solari. Queste megastrutture, note come sfere di Dyson (sono state proposte dal fisico Freeman Dyson), dovrebbero essere veramente di dimensioni monumentali. Gli elementi più semplici di una sfera di Dyson orbitante KIC 8462852 dovrebbero essere 100 volte maggiore della distanza tra la Terra e la Luna. Una di queste strutture in movimento attorno alla stella centrale produrrebbe anomalie nei dati, come innaturali tuffi irregolari. Naturalmente, ci sono dubbi anche su questa spiegazione. Anche megastrutture aliene non potrebbero sfidare le leggi della fisica, e tutto ciò che utilizza energia deve provocare calore e bagliore nell’infrarosso. E noi non osserviamo nulla di questo proveniente da KIC 8462852.

“Siamo in una situazione che potrebbe risolversi in un fenomeno naturale che non capiamo o in una tecnologia aliena che non capiamo”, dice Boyajian.

“La cosa incredibile per me è che questa stella non sarebbe mai stata trovata dai computer, perché noi non avremmo mai cercato qualcosa di simile.” Ancora più emozionante: Ci sono più missioni e più dati a venire.

“Cosa significherà quando troveremo un’altra stella comportarsi in questo modo?” Chiede Boyajian. “E cosa significherà invece se non ne troveremo altre?”

KIC 8462852 - Costellazione del Cigno - Cygnus Constellation

Extraordinary claims require extraordinary evidence: Tabetha Boyajian at TED2016 – Exploring space generates tons of data — so much data that most of it is studied by using algorithms, not human eyes. But algorithms are not very good at being creative. What happens when we open up that data up and let humans look at it? Sometimes, even amateurs find things that are surprising, remarkable and weird. Astronomer Tabetha Boyajian came to TED2016 with a story about one of those weird things.

The story begins in 2009 with the launch of NASA’s Kepler mission. Kepler’s scientific objective was to find planets outside our solar system, and it carried out this mission by observing and capturing data about a specific field of the sky inhabited by 150,000 stars. Kepler was looking for transits, which occur when a planet’s orbit is aligned with our line of sight and can be seen passing in front of a star, causing a momentary dimming in the star’s light. The NASA team developed sophisticated algorithms to search the data for transits. “At the time of the data release,” Boyajian says, “astronomers at Yale were wondering: What if computers missed something?” This led to the launch of a citizen science project called Planet Hunters. The goal: To have people look at the same data and use the human brain’s amazing capability for pattern recognition to find transits. Some experts doubted that humans could pick up signals in the data that computers would miss. But today, thanks to more than 300,000 science enthusiasts, Planet Hunters has found dozens of new planets, including one of the biggest mysteries in the galaxy: A star known as KIC 8462852, which resides in the constellation Cygnus, about 1,500 light years from earth.

Source/Continue reading → blog.ted.com

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