Bagliori Stellari: Nuova Tecnica rivela Pianeti vicino a Stelle Brillanti – Starlight, starbright: New Imaging Technique reveal Planets near Bright Stars

Luce e Bagliore Stellare: Nuova Tecnica rivela Pianeti vicino a Stelle Brillanti - Starlight, starbright: New Imaging Technique reveal Planets near Bright Stars
Credit: Gemini Planet Observatory

Il Gemini Planet Imager (GPI) è stato costruito per un unico scopo: il rilevamento di pianeti extrasolari. In sette mesi dalla sua messa in linea, GPI sta rivelando un miglioramento nell’ordine di grandezza, tanto che si possono riscrivere le regole della caccia ai pianeti.

Scovare pianeti fuori dal nostro sistema solare somiglia all’inseguimento ad una rara specie attraverso la giungla. Ci sono una varietà di modi per capire che possa trovarsi in quella precisa posizione, la maggior parte dei quali sono indiretti come le cosiddette “foglie fruscianti”. Il sottobosco è calpestato. Appare l’ombra dell’animale per un attimo fuggente prima che svanisca di nuovo. La stessa cosa accade con i pianeti. Siamo in grado di rilevare il loro spostamento dalle stelle madri con sottili segnali tramite Doppler. Possiamo vedere la luce di quella stella come un ombra quando il pianeta passa di fronte ad essa . Ogni tanto capita che il disco di polvere di una giovane stella presenta una lacuna da cui si deduce la presenza di un pianeta formato o in via di formazione. Questi metodi di rilevamento ci hanno permesso di catalogare oltre 1700 pianeti extrasolari dal 1994. Naturalmente il risultato finale in osservazione è quello di vedere la specie o il pianeta con i nostri stessi occhi. Questo è ciò che il Gemini Planet Imager sa fare meglio : la rilevazione diretta dei pianeti extrasolari.

The Gemini Planet Imager (GPI) was built for one purpose: imaging extrasolar planets. In the seven months since it came online, GPI is proving to be an order-of-magnitude improvement-so much so that it may rewrite the rules of planet-hunting.

Planet-hunting bears some similarity to tracking a rare species through the jungle. There are a variety of ways to know that it’s there, most of which are indirect: The leaves rustling. The undergrowth is trampled. The animal’s shadow appears for a fleeting moment before it fades away again. It is much the same with planets. We can detect them moving their parent planets ever-so-slightly via Doppler shift. We can see the light from that star dim as an exoplanet-or the planet’s shadow-passes in front of it. Once in a while, a young star’s dust disk will have a gap in it, from which we infer the presence of a formed or forming planet. These detection methods have allowed us to catalog over 1700 exoplanets since 1994. Naturally, ultimate achievement in observation is to see the species or the planet with our own eyes. That’s what the Gemini Planet Imager does best: direct detection of exoplanets.

Source/Continue reading → Phys.org

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