Modello di Panspermia Planetaria nel Sistema TRAPPIST-1 – Enhanced interplanetary panspermia in the TRAPPIST-1 system

TRAPPIST-1 - Credits: NASA / JPL / Caltech
TRAPPIST-1 – Credits: NASA/JPL/Caltech

Dunque non giusto tre pianeti in zona abitabile, ma sette probabilmente rocciosi e simili alla Terra. Non solo, il sistema intorno alla piccola stella fredda Trappist-1 risulta matematicamente compatibile con un modello che vede la diffusione della vita attraverso la cosiddetta panspermia. A un anno dalla scoperta dei primi tre pianeti e a pochi giorni dall’annuncio della Nasa viene pubblicato uno studio secondo il quale molecole organiche e persino microrganismi dotati di codice genetico potrebbero essere passati da un pianeta all’altro nel sistema di Trappist-1 con maggiori probabilità rispetto alla stessa teoria applicata per Terra e Marte. Chi segue questo mio blog dagli esordi saprà che personalmente sono affascinata da questo ipotetico ma più che possibile meccanismo che vede la vita diffondersi nell’Universo attraverso una condivisione la cui natura appare sempre più presente in studi e in documenti scientifici pubblicati. L’attenzione sul sistema planetario intorno a TRAPPIST-1 si fa più interessante.
A voi lo studio in questione.

Maggiore panspermia interplanetaria nel sistema TRAPPIST-1
Manasvi Lingam, Abraham Loeb (2 marzo 2017)
Presentiamo un semplice modello per la stima della probabilità di panspermia interplanetaria nel sistema recentemente scoperto di sette pianeti in orbita intorno alla stella nana ultrafredda TRAPPIST-1, e scopriamo che la panspermia è potenzialmente in ordini di grandezza più probabile che si verifichi nel sistema TRAPPIST-1 rispetto al caso Terra-Marte. Di conseguenza, riteniamo che la probabilità di abiogenesi (teoria secondo la quale gli esseri viventi hanno origine dalla materia inorganica) è notevolmente migliorata sui pianeti di Trappist-1 rispetto al sistema solare. Con l’adozione di modelli di ecologia teorica abbiamo dimostrato che il numero di specie trasferite e il numero di pianeti portatori di vita è anche probabile sia più elevato a causa dell’aumento dei tassi di immigrazione. Proponiamo metriche di osservazione per valutare se la vita è stata iniziata dalla panspermia su più pianeti del sistema TRAPPIST-1. Questi risultati sono applicabili anche a esopianeti abitabili e lune in altri sistemi planetari.

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TRAPPIST-1: Non 3 ma 7 pianeti simili alla Terra! – Ultracool Dwarf and the Seven Planets

TRAPPIST-1 ESO/N. Bartmann/spaceengine.org
TRAPPIST-1 ESO/N. Bartmann/spaceengine.org

Tutto il mondo è stato in una trepidante attesa creata dall’annuncio della Nasa rivelato ieri sera alle 19:00 ora italiana: l’entusiasmo è stato ripagato con la scoperta che intorno alla piccola stella TRAPPIST-1 non ci sono solo tre pianeti ma 7, tutti simili alla Terra e con caratteristiche che portano a pensare che siano mondi potenzialmente abitabili. La notizia in effetti è grandiosa, anche se non è del tutto una scoperta inedita, visto che 3 di questi pianeti sono stati già individuati nel 2016 grazie alla scoperta di un’equipe di astronomi guidata da Michaël Gillon, dell’Institut d’Astrophysique et Géophysique dell’Università di Liegi in Belgio. Il fatto è che la tipologia della stella in questione, una nana rossa, è la più comune e fino a poco tempo fa si era semplicemente ipotizzato potesse ospitare pianeti, ma ora sappiamo che non solo queste piccole stelle fredde ospitano veri e propri sistemi planetari, ma che questi pianeti possono avere caratteristiche simili alla Terra, quindi abili ad ospitare la vita. Ed è questo il punto della questione. Come dice l’astronauta Paolo Nespoli, la quantità enorme di pianeti nell’Universo ci porta a pensare che è solo provabile, anzi forse sicuro che non siamo soli!

Una nana ultrafredda e sette pianeti – Mondi di dimensioni simili alla Terra e temperati in un sistema planetario straordinariamente ricco. Alcuni astronomi hanno trovato un sistema di sette pianeti di dimensioni simili alla Terra ad appena 40 anni luce da noi, usando telescopi da terra e dallo spazio, tra cui il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO. I pianeti sono stati tutti individuati mentre passavano di fronte alla propria stella madre, la nana ultrafredda nota come TRAPPIST-1. Secondo l’articolo pubblicato oggi dalla rivista Nature, tre dei pianeti si trovano nella zona abitabile e potrebbero ospitare oceani d’acqua in superficie, aumentando la probabilità che il sistema stellare possa ospitare la vita. Questo sistema contiene il maggior numero di pianeti di dimensione terrestre trovato finora e il più grande numero di mondi che possano sostenere acqua liquida in superficie.

Google Doodle
Google Doodle!

Alcuni astronomi, usando il telescopio TRAPPIST-South all’Osservatorio di La Silla dell’ESO, il VLT (Very Large Telescope) al Paranal e il telescopio spaziale Spitzer della NASA, così come altri telescopi in tutto il mondo, hanno ora confermato l’esistenza di almeno sette piccoli pianeti in orbita intorno alla nana rossa fredda TRAPPIST-1. Tutti i pianeti, chiamati TRAPPIST-1b, c, d, e, f, g e h in ordine di distanza crescente dalla stella madre, hanno dimensioni simili a quelle della Terra.

TRAPPIST-1e Poster - Nasa
An artist’s fantasy of the surface of TRAPPIST-1e, a stop on a tour of this seven-world system. Credit: NASA

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Cerere: Confermata Presenza di Materiale Organico – Dawn Discovers Evidence for Organic Material on Ceres

Cerere - Ceres
Ceres – Cerere – Credits: Nasa

Cari amici ben ritrovati. Questa è una notizia davvero importante, sebbene gli studi sulle rilevazioni effettuate sul pianeta nano Cerere abbiano nel tempo portato ad ipotizzare la presenza di condizioni passate e/o presenti favorevoli alla vita, questa volta la scoperta inequivocabile di materiale organico presente tutt’ora su Cerere, non lascia molti dubbi. Viste le prerogative la domanda è ancora la stessa: c’è vita su Cerere?

Vi lascio con gli articoli riportati dall’Agenzia Spaziale Italiana e dalla Nasa.

Missione Dawn – Processi chimici nel cuore di Cerere – Scoperta la presenza di molecole organiche sulla superficie di Cerere. Sulla superficie di Cerere, l’oggetto più grande tra quelli che popolano la fascia principale del Sistema Solare, sono state individuate per la prima volta in modo inequivocabile tracce di materiale organico, in gran parte costituito da composti alifatici.

La scoperta è stata realizzata da un team di ricercatori coordinati da Maria Cristina De Sanctis dell’Istituto Nazionale di Astrofisica grazie alle osservazioni dello spettrometro italiano VIR a bordo della missione spaziale Dawn della NASA. VIR è stato fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. «Mai prima d’ora avevamo avuto un’evidenza così marcata della presenza di molecole organiche alifatiche su un corpo celeste oltre la Terra da dati di missioni spaziali» dice De Sanctis, prima autrice dell’articolo che descrive la scoperta, pubblicato nell’ultimo numero della rivista Science. «Per questo la scoperta è importante: il nostro gruppo, che vede coinvolti molti colleghi dell’INAF, ha scoperto in modo inequivocabile su una ampia area della superficie di Cerere, pari a circa 1000 chilometri quadrati, la presenza di materiale organico.

Tali composti possono essere considerati i ‘mattoni’ che costituiscono molecole legate a processi biologici».

Il materiale organico è stato individuato in una ampia regione di Cerere in prossimità del cratere Ernutet. Il materiale è distribuito in gran parte in prossimità del cratere ma anche in piccole aree più distanti. Le osservazioni dello spettrometro VIR sono state condotte durante una serie di passaggi nei quali la sonda Dawn si è trovata ad altezze comprese tra 4300 e 385 chilometri dalla superficie.

Secondo i ricercatori, due sono le possibili cause della notevole concentrazione di materiale organico rinvenuto nella regione del cratere Ernutet: l’impatto sulla superficie di Cerere di un corpo celeste ricco di tali composti o la formazione di molecole organiche direttamente sul pianeta nano. Gli scienziati, pur non escludendo del tutto il primo scenario, propendono per il secondo, secondo il quale i composti rinvenuti sarebbero il risultato di processi chimici innescati da attività idrotermale.

«L’importanza di questa scoperta è data dal fatto che la superficie di Cerere è particolarmente ricca di fillosilicati, – sostanzialmente argille –, composti ammoniati e anche ghiaccio d’acqua in abbondanza» aggiunge De Sanctis. «Non solo: in una zona del pianeta nano è stata riscontrata la più consistente distribuzione di carbonati al di fuori della Terra. Tutte caratteristiche che creano un ambiente favorevole a sostenere il possibile sviluppo di una chimica prebiotica su Cerere».

Fonte/Leggi tutto → ASI.it

Cerere - Ceres - Ernutet Cratere

Cerere – Ceres – Ernutet Cratere – Credits: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

NASA’s Dawn mission has found evidence for organic material on Ceres, a dwarf planet and the largest body in the main asteroid belt between Mars and Jupiter. Scientists using the spacecraft’s visible and infrared mapping spectrometer (VIR) detected the material in and around a northern-hemisphere crater called Ernutet. Organic molecules are interesting to scientists because they are necessary, though not sufficient, components of life on Earth.

The discovery adds to the growing list of bodies in the solar system where organics have been found. Organic compounds have been found in certain meteorites as well as inferred from telescopic observations of several asteroids. Ceres shares many commonalities with meteorites rich in water and organics — in particular, a meteorite group called carbonaceous chondrites. This discovery further strengthens the connection between Ceres, these meteorites and their parent bodies. “This is the first clear detection of organic molecules from orbit on a main belt body,” said Maria Cristina De Sanctis, lead author of the study, based at the National Institute of Astrophysics, Rome. The discovery is reported in the journal Science. Data presented in the Science paper support the idea that the organic materials are native to Ceres. The carbonates and clays previously identified on Ceres provide evidence for chemical activity in the presence of water and heat. This raises the possibility that the organics were similarly processed in a warm water-rich environment.

Significance of organics

The organics discovery adds to Ceres’ attributes associated with ingredients and conditions for life in the distant past. Previous studies have found hydrated minerals, carbonates, water ice, and ammoniated clays that must have been altered by water. Salts and sodium carbonate, such as those found in the bright areas of Occator Crater, are also thought to have been carried to the surface by liquid. “This discovery adds to our understanding of the possible origins of water and organics on Earth,” said Julie Castillo-Rogez, Dawn project scientist based at NASA’s Jet Propulsion Laboratory in Pasadena, California.

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Arrival – Perchè sono qui? – Why are they here?

Arrival - Movie

Nel giorno del compleanno di questo blog, lo scorso 11.11, è uscito negli Stati Uniti l’attesissimo film “Arrival” che arriverà in Italia il 19 gennaio 2017.
Manca poco.
Non vedo l’ora. Can’t wait.

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Primi segni di una bizzarra proprietà quantistica dello spazio vuoto? – First Signs of Weird Quantum Property of Empty Space?

Primi segni di una bizzarra proprietà quantistica dello spazio vuoto? - First Signs of Weird Quantum Property of Empty Space?
Credits: ESO/L. Calçada

Le osservazioni VLT di una stella di neutroni potrebbero confermare una previsione di ottant’anni fa sulla fisica del vuoto – Studiando con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO la luce emessa da una stella di neutroni strordinariamente densa e fortemente magnetizzata, alcuni astronomi potrebbero aver trovato le prime indicazioni di uno strano effetto quantistico, previsto per la prima volta negli anni ’30 del secolo scorso. La polarizzazione della luce osservata suggerisce che lo spazio vuoto intorno alla stella di neutroni subisca un effetto quantistico noto come birifrangenza del vuoto.

Un’equipe, condotta da Roberto Mignani dell’INAF-IASF di Milano (Italia) e dell’Universita di Zielona Gora (Polonia), ha sfruttato il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO all’Osservatorio del Paranal in Cile per osservare la stella di neutroni RX J1856.5-3754, a circa 400 anni luce dalla Terra. Pur essendo tra le più vicine stelle di neutroni, la sua luce è così debole che gli astronomi hanno potuto osservare la stella in luce visibile solo con lo strumento FORS2 installato sul VLT, al limite delle possibilità tecnologiche attuali dei telescopi. Le stelle di neutroni sono i resti molto densi di stelle massicce – almeno 10 volte più massicce del Sole – esplose come supernove al termine della loro vita. Hanno anche un campo magnetico estremo, miliardi di volte più forte di quello del Sole, che permea la loro superficie esterna e i dintorni. Questi campi sono così forti che influenzano anche le proprietà dello spazio vuoto intorno alla stella. Di solito si pensa al vuoto come a uno spazio che non contiene proprio niente e che la luce può attraversare senza esserne modificata. Ma nella teoria elettrodinamica quantistica (QED), la teoria quantistica che descrive l’interazione tra i fotoni di luce e le particelle cariche, come per esempio gli elettroni, lo spazio è pieno di particelle virtuali che appaiono e svaniscono in continuazione. Campi magnetici molto potenti possono modificare questo spazio così che possa influenzare la polarizzazione della luce che lo attraversa. Mignani spiega: “Secondo la QED, un vuoto fortemente magnetizzato si comporta come un prisma per quanto riguarda la propagazione della luce, un effetto noto come birifrangenza del vuoto”. Tra le molte previsioni della QED, la birifrangenza del vuoto non aveva finora una dimostrazione sperimentale diretta. I vari tentativi di rivelarla in laboratorio non sono ancora stati coronati da successo, nonostante siano trascorsi ormai 80 anni dal lavoro di Werner Heisenberg (quello del principio di indeterminazione) e Hans Heinrich Euler che la prevedeva. “Questo effetto può essere rivelato solo in presenza di campi magnetici veramente potenti, come quelli che circondano le stelle di neutroni. Questo dimostra, ancora una volta, che le stelle di neutroni sono laboratori preziosi in cui studiare le leggi fondamentali della natura,” aggiunge Roberto Turolla (Università di Padova, Italia).

Fonte/Leggi tutto → ESO.org

VLT observations of neutron star may confirm 80-year-old prediction about the vacuum – By studying the light emitted from an extraordinarily dense and strongly magnetised neutron star using ESO’s Very Large Telescope, astronomers may have found the first observational indications of a strange quantum effect, first predicted in the 1930s. The polarisation of the observed light suggests that the empty space around the neutron star is subject to a quantum effect known as vacuum birefringence.

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La Più Grande Luna Piena Dal 1948 – The Closest Full Moon To Earth since 1948

Luna Piena - Full Moon
Luna Piena – Full Moon – Credit: DENEB Official ©

La luna è una vista familiare nel nostro cielo, illumina le notti buie e ci ricorda l’esplorazione dello spazio, passato e presente. Ma la prossima “Super Luna” di Lunedi 14 novembre 2016 sarà soprattutto “super”, perché sarà la Luna piena più vicina alla Terra dal 1948. Non vedremo un altra super luna di questo genere fino al 2034.

L’orbita della Luna intorno alla Terra è leggermente ellittica così a volte si trova ad essere più vicina, e a volte più lontana. Quando la luna è piena e il suo passaggio si trova ad essere più vicino alla Terra è conosciuto come “Super Luna” Al Perigeo, ossia il punto in cui la Luna è più vicina alla Terra, questa può essere fino al 14 per cento più vicina alla Terra rispetto a quando con il termine apogeo,si trova è più lontana dal nostro pianeta. La luna piena sembrerà molto più grande di diametro perché è brillerà del 30 per cento in più rispetto al chiaro di luna sulla Terra. Non perdete questo spettacolo che inizierà subito dopo il tramonto di domani sera. Buona visione!

Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center

The moon is a familiar sight in our sky, brightening dark nights and reminding us of space exploration, past and present. But the upcoming supermoon — on Monday, Nov. 14 — will be especially “super” because it’s the closest full moon to Earth since 1948. We won’t see another supermoon like this until 2034.

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11.11.11 – Cinque anni, grazie a voi tutti! – Five years, thanks to all of you!

DENEB Official © - Cosmos

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In Diretta l’Arrivo di #ExoMars su Marte – ExoMars Arrival at the Red Planet

ExoMars Trace Gas Orbiter
ExoMars Trace Gas Orbiter – ESA–D. Ducros

AGGIORNAMENTO 20 OTTOBRE 2016 – E’ appena finita la conferenza stampa che potete rivedere nel collegamento video ESA su questa pagina. Ebbene, mentre l’orbiter TGO è operativo e perfettamente allineato con il protocollo, il modulo Schiaparelli sembra non essersi comportato come previsto. Il problema, rilevano gli scienziati del team, deve essersi presentato durante la fase di distacco dal paracadute: ci sono 50 secondi da capire tra la perdita del segnale e il momento previsto per l’atterraggio. I dati registrati da Mars Express non coincidono con quelli trasmessi da Schiaparelli. Ci vorrà del tempo affinchè gli addetti ai lavori possano analizzare tutte le informazioni in loro possesso e fornire spiegazioni certe. Una cosa è sicura, il modulo è stato progettato anche con la prerogativa di testare nuove tecnologie utili per le future missioni e come tale è da considerarsi positivamente.

AGGIORNAMENTO 20 OTTOBRE 2016 – Si attende segnale da parte del modulo Schiaparelli che sappiamo essere “ammartato”, ma che al momento non risponde. Nella notte sono continuati ad arrivare dati e gli addetti ai lavori stanno continuando ad analizzarli. Ne sapremo di più durante la conferenza stampa indetta dall’Agenzia Spaziale Europea per le ore 10:00. Restiamo in attesa.

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ALMA scova un bozzolo stellare con una chimica insolita – ALMA Catches Stellar Cocoon with Curious Chemistry

Rappresentazione artistica del nucleo molecolare caldo scoperto nella Grande Nube di Magellano
Crediti: FRIS/Tohoku University

Sfruttando ALMA, un’equipe di astronomi giapponesi ha scoperto una massa calda e densa di molecole complesse che avvolge una stella appena nata. Questo eccezionale nucleo molecolare caldo è il primo nel suo genere a essere stato rilevato fuori dalla Via Lattea. Il nucleo ha una composizione chimica molto diversa da quella di oggetti simili nella nostra galassia — un indizio allettante del fatto che la chimica dell’Universo potrebbe essere molto più varia del previsto.

Un’equipe di ricercatori giapponesi ha sfruttato la potenza di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) per osservare una stella massiccia conosciuta con il nome di ST11, che si trova nella Grande Nube di Magellano (LMC), una vicina galassia nana. Sono state rilevate emissioni di diversi gas molecolari a indicare che esisteva una regione in cui è concentrato gas molecolare relativamente caldo e denso intorno alla stella appena nata ST11. Questa era la prova che l’eqiupe aveva trovato qualcosa di mai visto prima fuori dalla Via Lattea — un nucleo molecolare caldo. Takashi Shimonishi, astronomo all’Università del Tohoku, in Giappone, e primo autore dell’articolo scientifico, ne ha parlato con entusiasmo: “Si tratta del primo rilevamento di un nucleo molecolare caldo extragalattico e questo dimostra la grande capacità dei telescopi di nuova generazione di studiare fenomeni astro-chimici oltre la nostra galassia.” Le osservazioni di ALMA hanno rivelato che questo nucleo, scoperto di recente nella LMC, ha una composizione molto diversa da oggetti simili che si trovano nella Via Lattea.

Le impronte chimiche che caratterizzano il nucleo della LMC comprendono molecole familiari come l’anidride solforosa (o diossido di zolfo), il monossido di azoto e la formaldeide — insieme alla polvere onnipresente. Ma nel nucleo molecolare caldo scoperto di recente, diversi composti organici, compreso il metanolo (il più semplice degli alcoli), mostravano un’abbondanza incredibilmente bassa. Al contrario, è stato osservato che i nuclei nella nostra galassia contengono un’ampia varietà di molecole organiche complesse, tra cui metanolo e etanolo. Takashi Shimonishi spiega: “Le osservazioni suggeriscono che le composizioni chimiche della materia che forma stelle e pianeti sono molto più varie di quanto ci si aspettasse”.

La LMC ha un’abbondanza molto bassa di elementi diversi da idrogeno o elio. L’equipe di ricerca ritiene che questo incredibile ambiente galattico abbia influenzato i processi di formazione molecolare che avvengono intorno alla neonata stella ST11. Questo potrebbe spiegare le differenze osservate nelle composizioni chimiche. Non è ancora chiaro se le molecole grandi e complesse rilevate nella Via Lattea esistano in nuclei molecolari caldi all’interno di altre galassie.

Le molecole organiche complesse sono di particolare interesse perché alcune di esse sono associate alle molecole prebiotiche formatesi nello spazio. Questo oggetto scoperto di recente in uno dei vicini galattici più prossimi a noi è un bersaglio eccellente che può aiutare gli astronomi a risolvere la questione. Questo pone anche un altro interrogativo: quale effetto potrebbe avere la diversità chimica delle galassie sullo sviluppo della vita extragalattica?

Fonte/Leggi tutto → ESO.org

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Europa: un oceano che forse ospita la vita – NASA’s Hubble Spots Possible Water Plumes Erupting on Jupiter’s Moon Europa

Europa

Come anticipato ieri c’è stata un’audioconferenza della Nasa che ha rivelato nuove evidenze di pennacchi di vapore acqueo eruttare molto probabilmente da quello che gli scienziati pensano essere un vasto oceano nascosto sotto la superficie ghiacciata di Europa. La luna di Giove è da tempo considerata l’oggetto del nostro sistema sul quale scommettere la presenza di vita ed è per questo motivo che le future missioni della Nasa propongono investigazioni mirate e ravvicinate al fine di trovare prove certe su quelle che al momento sono ancora ipotesi, se pure molto promettenti. Non c’è quindi da meravigliarsi se l’agenzia spaziale americana abbia voluto sottolineare anticipatamente che la scoperta di Hubble non si riferiva ad alieni, ma molto più cautamente a quelli che sono indizi forti che fanno ben sperare sulla presenza di un vasto oceano il quale potrebbe ospitare qualche forma di vita. C’è una sequenza precisa nell’iter di ricerca e le future missioni potranno far luce e fornire risposte su quello che gli scienziati al momento identificano come il modello più probabile. A voi il comunicato della Nasa.

Europa
Composite image – Credits: NASA/ESA/W. Sparks (STScI)/USGS Astrogeology Science Center

Gli astronomi utilizzando il telescopio spaziale Hubble della NASA hanno ripreso quelli che potrebbero essere pennacchi di vapore acqueo in eruzione sulla superficie della luna Europa di Giove. Questa scoperta rafforza le precedenti osservazioni di Hubble che suggerivano la presenza di eruzioni sulla luna ghiacciata con pennacchi di vapore acqueo in alta quota. L’osservazione aumenta la possibilità che le missioni su Europa possano essere in grado di analizzare l’oceano di Europa, senza dover perforare miglia di ghiaccio.

“L’oceano di Europa è considerato uno dei luoghi più promettenti ad ospitare la vita nel sistema solare”, ha dichiarato Geoff Yoder, in qualità di amministratore associato del Science Mission Directorate della NASA a Washington. “Questi pennacchi, se effettivamente esistono, possono fornire un altro modo per analizzare il sottosuolo di Europa.” I pennacchi si stima si estendano fino a circa 125 miglia (200 chilometri) per poi, presumibilmente, far ricadere una pioggia di materiale verso il basso sulla superficie di Europa. Europa dispone di un enorme oceano globale che contiene il doppio dell’acqua degli oceani della Terra, ma è protetto da uno strato di ghiaccio molto freddo e duro di spessore sconosciuto. I pennacchi forniscono una allettante opportunità per raccogliere campioni provenienti da sotto la superficie, senza dover atterrare o forare il ghiaccio.

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Cina: Ricerca di vita nello spazio? FAST operativo – China Hunts for Scientific Glory and Aliens

FAST Radiotelescopio
Credit: Credit Liu Xu/Xinhua, via Associated Press

Cari amici ben ritrovati. In attesa a breve della conferenza stampa della NASA annunciata qualche giorno fa dall’agenzia spaziale americana indetta per comunicare nuove scoperte sull’attività presente su Europa, la luna ghiacciata di Giove, la stessa NASA “ghiaccia” gli animi con un recente tweet anticipando che non si tratta di alieni.

I media, partiti in quarta con speculazioni sulla scoperta che in molti hanno sperato fosse indicativa di una qualche presenza di vita su Europa, visto tra l’altro che la futura missione su Europa della Nasa è specificatamente mirata a controllare se su quella luna che nasconde un oceano sotto la sua crosta di ghiaccio la vita possa esistere, l’attenzione si sposta su chi gli alieni non solo li cerca ma mira a trovarli quanto prima: la Cina annuncia la messa in funzione di FAST, il più grande radiotelescopio del mondo. A voi l’annuncio.

È entrato in funzione nel sud-ovest della Cina il più grande radiotelescopio al mondo con l’obiettivo di migliorare la comprensione delle origini e della formazione dell’universo. Per gli scienziati il dispositivo servirà anche a individuare eventuali segnali di vita extraterrestre.

Il Fast (Five-hundred-meter Aperture Spherical Telescope) ha un diametro di 500 metri, una superficie equivalente a 30 campi di calcio e un costo di 165 milioni di euro. I lavori iniziati nel 2011 nella zona montagnosa di Pingtang, nella provincia di Guizhou, erano stati completati lo scorso luglio. Circa 10.000 abitanti in un raggio di 5 chilometri attorno al dispositivo sono stati dislocati. Oltre al radiotelescopio il programma spaziale di Pechino prevede di mettere in orbita entro il 2020 una propria stazione permanente.

Fonte/Leggi tutto → it.euronews.com

When hundreds of engineers and builders began clambering up a jagged hill in southwestern China to assemble a giant telescope in a deep, bowl-shaped basin, poor villagers sometimes crept over the sheer slopes to glimpse the country’s latest technological wonder.

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